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La leadership familiare delle imprese italiane

“Quando a una nostra impresa si presenta la concreta opportunità d’ingrandirsi, agisce da remora non solo un contesto fiscale, normativo e amministrativo ancora percepito come incerto e costoso, ma anche un assetto aziendale spesso mantenuto impermeabile a soggetti esterni. Una diffusa proprietà familiare delle imprese non è caratteristica solo italiana; lo è invece il fatto che anche la gestione rimane nel chiuso della famiglia proprietaria.” 

Mario Draghi.

La gestione familiare delle aziende è una peculiarità tipica italiana, ma non solo, vale anche per altri paesi europei. 

Le imprese, in Italia, che fanno capo ad una famiglia proprietaria sono l’85% del totale (dati AIDAF – Italian Family Business), in Francia la percentuale varia di poco perchè è dell’80%, e in Germania arriva persino al 90%.

In Germania però i family business hanno fatto uno scatto dimensionale che ha permesso loro di incrementare il fatturato cosa che in Italia invece non è stato possibile fare.

La causa molto probabilmente è da ricercare nella managerializzazione. Siamo meno propensi ad affidare il controllo manageriale a soggetti esterni e questo è riscontrabile soprattutto nelle piccole realtà. Nel 73% delle PMI italiane, infatti, il sistema manageriale si ferma all’interno della famiglia.

Questo è un dato di fondamentale importanza per capire perché le imprese italiane rispetto alla media europea sono meno produttive. Sebbene Spagna (81%) e Francia (66%) non si discostino di molto, la differenza con la Germania è invece abissale; infatti solo il 17,4% delle imprese familiari tedesche ha un leader interno alla famiglia; e non è un caso che in Germania le imprese familiare siano mediamente più grandi e produttive.

 

Perchè in Italia si ricorre poco ai manager esterni?

Sicuramente per la pressione fiscale che grava sulle aziende e di conseguenza sul costo del lavoro delle alte professionalità scoraggiando i piccoli imprenditori ad assumere figure di questo tipo. E poi anche le piccole dimensioni che, se da una parte non attraggono il manager, dall’altra sono le imprese a non volerlo, sia perchè non se lo possono permettere ma anche perchè essendo piccole sono facilmente gestibili dal leader stesso.

 

Ma è un cane che si morde la coda

Perché se le piccole imprese non si affidano a manager non cresceranno mai, e se non cresceranno mai non sentiranno nemmeno il bisogno di avvalersi di un’organizzazione manageriale. 

 

Il problema della meritocrazia in Italia e dell’attaccamento alla poltrona

C’è ancora una vecchia mentalità novecentesca secondo la quale i ruoli strategici di controllo debbano rimanere in famiglia, spesso a discapito dell’azienda stessa.  Il problema è di fiducia, l’imprenditore non può affidare i propri affari ad uno sconosciuto, preferisce quindi affidarli ad un erede, anche non sempre all’altezza della situazione, e magari meno preparato rispetto ad un manager esterno del quale però spesso diffida.

Il passaggio generazionale di padre in figlio fa fatica, il vecchio imprenditore, refrattario al cambiamento, rappresentante della cultura del “mi sono fatto da solo” difficilmente si stacca dalla poltrona intesa come le redini dell’impresa; ed eleggendo un erede come suo naturale successore questo gli permette di continuare ad esercitare il suo potere e ad influenzare le decisioni strategiche fino all’ultimo.

Un dato interessante a riguardo riporta che i manager familiari italiani hanno un’età media più grande rispetto ai “colleghi” stranieri,  essendo la maggior parte over 70.  In questo modo però le aziende difficilmente si innovano rimanendo ancorate a mentalità obsolete che non permettono loro di stare al passo coi tempi.

Il sistema familiare così diventa un fattore altamente penalizzante per il sistema imprenditoriale italiano, che in tal modo si priva della competenza manageriale esterna idonea e coerente per innovare, essere competitivi e creare valore.

Un’analisi dei bilanci dimostra che c’è una stretta relazione tra crescita aziendale e direzione familiare dell’azienda. Nelle PMI a gestione non familiare i ricavi infatti sono mediamente superiori, eccezion fatta per grandi imprese italiane familiari che hanno fatto la storia del Paese.

 

La mancanza di coraggio nell’inserire nei ruoli di comando professionisti al di fuori della famiglia

Scegliere di mettere a capo dell’azienda manager esterni è per gli imprenditori italiani una scelta difficile, a volte impensabile, ma spesso una scelta strategica necessaria per salvare l’azienda, per farla rimanere sul mercato e per renderla più produttiva.

Il problema dell’improduttività in Italia più che economico è quindi culturale, perché trova un muro nella mentalità tradizionalista e poco aperta verso queste soluzioni; una mentalità conservatrice di imprenditori che difficilmente delegano perché vorrebbero continuare a controllare tutti i processi aziendali.

Invece la presenza di un management esterno potrebbe applicare le strategie giuste per un passaggio dimensionale che porti ad una crescita anche e soprattutto economica.

 

La fiducia come elemento cardine

La fiducia in Italia è fondamentale e la collaborazione tra famiglia proprietaria ed eventuale manager esterno funziona solo quando i familiari credono nel suo operato e avvertono le sue buone intenzioni e la condivisione anche emotiva degli obiettivi aziendali.

In poche parole quando si instaura, appunto, un rapporto di fiducia. Devono sentirlo vicino, come se fosse uno di famiglia. Il rapporto umano diventa fondamentale quasi quanto quello professionale. A tal proposito possiamo citare il caso emblematico di Gianni Mion, manager al comando della Holding dei fratelli Benetton, talmente integrato nella famiglia tanto da essere etichettato dai media come “il quinto fratello” della famosa famiglia trevigiana.

 

Dal ricambio generazionale al ricambio manageriale

Si auspica un cambio di rotta delle aziende, una nuova apertura che porti ad una maturazione. Visto i cambi repentini del mercato per gestirli si necessita di figure all’avanguardia e diverse da familiari cresciuti nell’azienda che, pur essendo preziosi per la stessa perchè ne garantiscono una certa continuità aziendale e culturale, spesso sono distanti dalle nuove realtà di mercato ed impreparati ad affrontarle.

E questo cambiamento può avvenire solo lavorando sulla fiducia, solo quando si crea una certa sinergia e complicità che porti a legami duraturi e ad un vero vantaggio competitivo. La famiglia non deve intralciare la libertà dell’operato del manager che potrà prendere in autonomia decisioni razionali che giovino alla crescita aziendale e nuove idee e progetti innovativi che presuppongono attività di ricerca e sviluppo.

 

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