Analisi delle cause dell’improduttività delle mPMI italiane

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Analisi delle cause dell’improduttività delle mPMI italiane, delle misure palliative adottate finora e proposta di cambiamento per risolvere il problema alle origini.

 

Il primo passo per il cambiamento è la consapevolezza delle proprie difficoltà e dei propri limiti.

La corteccia è l’aspetto esterno di un progetto, ma la linfa è la parte vitale, da dove inizia, il suo perchè. A volte è proprio difficile iniziare, soprattutto se questo progetto presuppone un forte cambiamento. A volte invece addirittura prima del cambiamento bisognerebbe essere consapevoli della sua importanza. 

L’Emilia Romagna è una terra fittamente popolata di imprese e imprenditori che hanno fatto la fortuna e il bello dell’Italia nel ‘900. Oggi molte di queste imprese si ritrovano schiacciate all’interno delle filiere di competenza, lavorando spesso con bassi margini. 

Se volessimo fare un riassunto semplificando il tessuto imprenditoriale emiliano potremmo affermare che in particolare l’Emilia è principalmente terra di motori, il modenese è infatti automotive, Reggio, invece, per storia, è legata a macchine agricole e meccanica “hard”. 

Il problema riscontrato in queste realtà imprenditoriali, sotto i 50 dipendenti, è molto simile per tutte ed è legato ad una mentalità novecentesca. Ovviamente è un problema ampiamente diffuso in tutta Italia, prendiamo ad esempio l’Emilia Romagna perchè è sempre stata tra i motori trainanti dell’economia.

 

L’analisi del problema.

  • Visione Pull. Si produce, si pubblicizza e si attende il riscontro del mercato, aspettando passivamente l’arrivo di ordini telefonici o via mail.
  • Solo prodotto “hard”. Aziende focalizzate sul prodotto, competenti a livello tecnico sul loro “pezzo”/prodotto, spesso aziende storiche che conoscono bene la lavorazione conto terzi. Ma che diventano schiave della filiera perché non fornendo valore aggiunto, non riescono a liberarsi dalla sudditanza delle grandi aziende committenti.
  • No strategia e no innovazione, niente “soft”. Aziende che non hanno una strategia commerciale e comunicativa definita e, contemporaneamente, non hanno innovazione nel prodotto, nel processo, né nel modello di business. 
  • Gestione familiare. Il fondatore (o i figli, molte sono in ricambio generazionale) sono l’unico grande riferimento commerciale e produttivo. 
  • No processi. Al di fuori dell’amministrazione e della produzione non ci sono altre aeree, e se raramente esistenti non sono connesse tra di loro attraverso processi digitalizzati.

 

Quali sono state finora le figure di affiancamento all’imprenditore nel cambiamento e superamento di queste problematiche?

Le figure tradizionali di supporto:

  1. Il commercialista (e professionisti simili). A ognuno il suo lavoro, questo professionista seppur di fiducia ed estremamente importante per l’imprenditore non è la figura giusta per la crescita e l’innovazione aziendale. 
  1. Fornitori squalo. Figure che generano tentativi solo tattici verticali senza una reale strategia a tutto tondo in grado di avere una visione più completa e progettuale. Promuovono, infatti:
    1. investimenti in comunicazione ma senza contenuto e indicazione del valore aggiunto; 
    2. investimenti in software senza definire processi; 
    3. intermediazione con banche o Stato per accesso ad investimenti senza progettualità e strategia (e dunque senza ritorno). 

Quali sono state le misure adottate finora?

  • Fisco e Stato. Misure di ogni genere che si sono rivelate spesso palliativi momentanei e di poco valore che non hanno saputo sradicare il problema alle origini.
  • Consulenza senza operatività. Progetti solo su carta, senza un pm dedicato che segue il progetto “sporcandosi le mani”.
  • Corpi intermedi, istituzioni e similari. Solo politica senza operatività continuativa. Supporti occasionali e a volte momentanei in fasi di emergenza senza offrire un vero supporto continuativo.  

Cosa fare? Che misure adottare?

Premessa: non si risolve utilizzando le vie tradizionali ed in particolare non potrebbe funzionare una proposta di progetto se: 

  1. costa troppo. Un progetto oneroso (sia economicamente che dal punto di vista operativo);
  2. è incomprensibile. Un progetto troppo tecnico o tecnologico;
  3. spaventa. Un progetto che presuppone un’innovazione radicale che stravolge il modello di lavoro in breve termine.

Allora in che modo agire?

Promuovendo un cambiamento graduale e a step, proponendo un’innovazione incrementale che non spaventi e generi fiducia passo dopo passo: il primo dei quali è necessariamente un approccio all’innovazione (o la trasformazione) stessa. Spronando l’imprenditore ad abbandonare l’operatività delegando, per poter passare dalla fabbrica alla scrivania per dedicarsi completamente allo sviluppo e alla crescita della propria azienda.

 

Una volta cambiata mentalità si è pronti ad attuare il vero cambiamento, muovendo questi passi:

  • studiando ed attuando una strategia commerciale con focus ad una prima efficace comunicazione; 
  • studiando un primo cambiamento per essere push invece di pull (comanda tu e non il mercato!) 
  • focalizzando l’attenzione su poche tipologie di clienti; 
  • immaginando un nuovo posizionamento e un modo nuovo di comunicare;
  • definendo un processo commerciale base. 

 

In contemporanea formare o trovare la persona giusta di riferimento:

Trovare il referente (direttore) commerciale o capo officina (direttore di produzione) a valle della decisione di delega dell’imprenditore.

 

Attuare un primo approccio all’innovazione

Iniziare una trasformazione digitale più metodologica che tecnologica, più umana, partendo dalle basi, per quelle aziende ancora tradizionali e fortemente distanti dall’innovazione. Un percorso graduale che attraverso la fiducia porti ad investire in innovazione, anche se si tratta di un primo semplice approccio, ma pur sempre un inizio. In alcune di queste aziende si può pensare ad un futuro tech fin dall’inizio, prevedendo e studiando non solo un prodotto nuovo ma l’inserimento di alta tecnologia con sistemi di raccomandazione o marketing automation, fino ai primi ERP base. 

 

Fondi per finanziare il progetto

Scrivere un progetto completo, business Model/plan, con annessa innovazione e cercare i primi fondi per finanziarlo.  

Il percorso a step prevede fiducia lato imprenditore e pazienza lato consulenza.

Attendere un periodo di maturazione e di consapevolezza per approcciare all’innovazione. 

Non possiamo immaginare di far correre chi non sa dove andare. 

Avere meno reticenza/refrattarietà a donare conoscenza. Bisogna dare molto nel primo periodo per riprendersi tutto dopo. L’atteggiamento dovrebbe essere quello di porsi come parte integrante e protagonista del progetto. 

Bisogna trasmettere passione emotiva e di pancia, entrare dentro l’impresa e fare uno sforzo enorme di convincimento, riflessione nel tempo, partecipazione pro-attiva e conduzione da co-amministratore. 

L’innovazione parte dalla fiducia, ci sarà tempo per i progetti tecnici, ma prima bisogna creare un rapporto empatico e umano. 

È per questo che stiamo lanciando una community di consulenti definiti “pazienti” che attuino un metodo differente al classico mondo della consulenza tecnica.

 

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